Gli Stati hanno il 20% delle grandi aziende: tutta colpa del liberismo

26.12.2020

Sempre meno libertà, ma sempre più incolpata di ogni male

I dati del 2018 del Fondo Monetario Internazionale parlano chiaro: gli asset delle 2.000 più grandi aziende del mondo appartengono agli stati. Fino a 15 anni fa era solo il 5%, ma se dovessimo fare delle ipotesi al 2020 con l'aiuto del COVID che ha consentito agli stati di fare manbassa di aziende non ci sarebbe da stupirsi se si arrivasse a percentuali vicine al 25-30%. Alla faccia della libertà. Alla faccia del libero mercato e alla faccia del liberismo.

Risulta decisamente indegno che il mainstream fatto di giornalisti, editori, politici, intellettuali ed economisti ( quest'ultimi chiaramente compiacenti) intervenga continuamente per affermare con durezza che il liberismo e il suoi eccessi costituiscono la colpa (unica) di squilibri nella società, di manipolazioni delle risorse, di privilegi immeritati, di movimenti finanziari al limite della legalità e tanto altro ancora.

Indecente che in una situazione mondiale che come non mai vede stati e  potenti detenere le redini e il controllo di persone, finanza, cultura ed economia si riesca ad imputare al liberismo di essere il male della società e la causa del degrado generale.

Opporsi  a tale narrazione è semplicissimo con le parole, ma risulta un'impresa titanica combattere nella prtica reale la forza di questo socialismo che con i suoi tentacoli sta imponendo la propria cultura antiliberale che alcuni chiamano cinesizzazione riferendosi ad un modus operandi occidentale sempre più simile al grande paese orientale; cioè ad una dittatura.

Nel libero mercato, non esiste nessuna interferenza statale nel mercato e nelle aziende, figuriamoci il possesso di asset e di azioni.

Non esiste nel libero mercato uno stato o un'autorità che stampa moneta in quantità industriale sconvolhùgendo il mercato favorendo alcuni a danno di altri e aiutando sempre più i grandi a scapito dei piccoli.

Nel libero mercato le aziende falliscono e ne nascono di nuove, ma non è previsto il salvataggio da parte dello stato di aziende zombie, decotte e destinate a morire. É concorrenza sleale in uno libero mercato.

In un libero mercato non ci sono imposizioni o vincoli all'agire e all'intraprendere se non tesi ad impedire la coercizione e il danno voluto nei confronti di altri.

In un libero mercato non vi è una spesa pubblica, quindi opera di uno stato, che possa raggiungere il 50% del PIL e una tassazione che arrivi fino al 70% perchè in tal caso è lapalissiano che il libero sia inesistente.

Così come non esistono i dazi tra paesi in un libero mercato.

Dovremmo rivedere e correggere il motto che va per la maggiore: tutta colpa del liberismo. No, tutta colpa del socialismo, del comunismo che si sta ampliando a macchia d'olio. E sarà sempre peggio se non si combatterà. Alla fine, come già sta accadendo, saranno limitate le libertà individuali di base.

Nicola Argeo Mastropietro